"Sarebbe proprio un bel regalo il palio per festeggiare il nostro venticinquennale dalla discesa in pista nella manifestazione astigiana" commenta così le ambizioni del borgo oro blù il rettore di San Marzanotto Felice Sismondo.
"Ormai - racconta Sismondo - le scelte più importanti sono state fatte, a partire dal fantino. Abbiamo ancora una terna di cavalli tra cui scegliere, ma appunto siamo ormai in dirittura d'arrivo".
Per quanto riguarda il Comitato, per come lo definisco io, San Marzanotto è un bambino super nutrito: la vitalità soprattutto tra i giovani e altissima; basti pensare che al Paliotto ci presenteremo con una decina di chiarine. Il nostro borgo è un serbatoio di giovani che si fa ben sperare nel futuro e che invogliano i "vecchietti" come me a dare il meglio per lasciare un giorno il borgo nelle mani di questi ragazzi che hanno tanta voglia di fare"
IL PALIO SECONDO FELICE SISMONDO
Il Palio per me è tutto. E' qualcosa che ho sempre respirato,fin da quando sono arrivato a San Marzanotto tanti anni fa. Nella mia lunga carriera ho fatto di tutto, dalla chiarina, all'impanare le bistecche, al girare i tavoli. Il Palio è una cosa che mi permette di vivere a contatto di tantissima gente e di vivere momenti bellissimi.
SAN MARZANOTTO AL PALIO
Quest'anno San Marzanotto si affiderà ad Alessandro Chiti, fantino di esperienza con diversi palii sulle spalle in piazza Alfieri. Cosa chiede il borgo oro e blù? Prima di tutto saldare un debito con la sorte, cercando di avere miglior fortuna rispetto agli anni scorsi.
Dai conventi alle botteghe: l’arte della miniatura, del ricamo e dell’arazzo
offrivano alle donne un ambiente favorevole per esprimere le loro doti artistiche. Nei conventi
infatti le religiose, oltre che ricoprire il ruolo di amministratrici e insegnanti, erano impiegate come
bibliotecarie, scribe ed amanuensi.
Sono noti alcuni manoscritti copiati da donne che si erano ritirate nei monasteri e trasfondevano
nella miniatura quelle capacità che per ragioni sociali non potevano manifestare nella pittura su
tavola e ancor meno nell’affresco.
Particolarmente importanti furono, a partire dal X secolo, i ricami di indumenti liturgici che
venivano eseguiti con colori vivaci, impreziositi da smalti, perle, gemme lucenti su uno sfondo
intessuto d’oro e di seta. Altrettanto diffusa era la tessitura di arazzi e stoffe.
A partire dall’XI secolo fecero la loro comparsa anche ricamatrici professioniste non legate ai
monasteri. Dalla fine del Duecento crebbe la domanda di beni di lusso e si andarono formando
centri di produzione di manufatti di notevolissimo pregio. Nacquero botteghe, veri e propri atelier,
dove il maestro era affiancato da numerose maestranze che non di rado eseguivano i lavori su
disegno di pittori.
Oltre alla fortissima richiesta di paramenti e vesti liturgiche ricamate da parte degli ecclesiastici di
alto rango, si diffuse la moda di abiti ed ornamenti ricamati per le grandi occasioni, soprattutto per i
matrimoni nobiliari; anche i ceti più modesti non si facevano mancare, quando era possibile,
almeno un vestito ricamato.
Il gusto per il ricamo non si rivolgeva soltanto agli addobbi liturgici o agli abiti principeschi, ma a
tutto ciò che poteva essere ornato: dalle borse alle cinture, ai tessuti d’arredamento e soprattutto ai
“completi da camera”, a partire dal “capocielo”, e all’insieme di tendaggi posti a protezione del
letto, che addobbavano lussuosamente con tessuti di seta e d’oro e con arazzi le camere di dimore
signorili e principesche, dispiegandosi in abbondanti drappeggi coordinati con le coperte ed i
cuscini.