sabato 24 agosto 2013

E' già Palio 20) Dopo il bis di Tittia quest'anno Nizza ci crede


Anche se dal 1986 che la vittoria non arride ai nicesi, quest'anno i giallorossi non possono lamentarsi di come siano andati le cose con il proprio fantino, autore di una strabiliante doppietta al Palio di Siena. "Il rapporto con Tittia è molto stretto, ormai tra di noi c'è un feeling consolidato" ci svela il rettore PierPaolo Verri. Il comune nicese quest'anno ritroverà in piazza i rivali di Canelli, anche se alle provocazioni di Benedetti Verri non vuole rispondere "Che ci sia o non ci sia in piazza, arriviamo sempre primi noi". Per quanto riguarda il Comune, Verri, risponde che negli ultimi anni l'interesse nel Palio è cresciuto: "Certo - risponde - Nizza è un paese grosso, e non esiste solo il Palio, ma comunque l'interesse c'è. Anche l'Amministrazione ci ha sempre aiutato e ha sempre creduto nella manifestazione.


IL PALIO SECONDO PIERPAOLO VERRI

Il Palio, secondo il rettore di Nizza, è sopratutto divertimento. Noti infatti sono spesso gli scherzi, fatti ai rivali di Canelli, non ultimo quello escogitato durante l'Assedio, a giugno, quando una delegazione nicese, ovviamente in costume d'epoca, guidata dallo stesso Verri, si è intrufolata all'interno della rievocazione. "La tradizione del Palio - conclude Verri - è per me anche una tradizione di famiglia".



NIZZA AL PALIO

Dopo l'ormai storico "cappotto" di Giovanni Atzeni al Palio di Asti, i giallorossi pensano che questa possa essere la volta buona. "Il fantino è in formissima - racconta il rettore - e anche il cavallo c'è. Noi siamo pronti. Penso che ormai abbiano capito che il futuro, dopo Bruschelli, passa dalle mani di Tittia".



La peste – castigo di Dio
La diffusione di malattie infettive rappresentò una costante in tutto il medioevo. La situazione 
sanitaria dei centri abitati e l’assenza di fognature certamente facilitavano lo sviluppo di grandi 
epidemie, così come la vita famigliare in condizioni igieniche personali precarie, in spazi 
abitativi circoscritti, con una notevole promiscuità tra persone ed animali. Topi e roditori in 
genere erano diffusi nelle vie e nelle abitazioni. 
Ma la “peste nera”, che imperversò in tutta Europa tra il 1347 e il 1353, fu un’autentica 
pandemia e non risparmiò né Nizza della Paglia, né i borghi che la circondavano. Il male si 
manifestava con barcollamenti, convulsioni, emorragie, tremori, lividi e bubboni ; i pochi medici 
non conoscevano alcun rimedio, anzi preferivano essi stessi sfuggire ai rischi del contagio . La 
medicina del tempo non andava oltre le fumigazioni con erbe aromatiche o l’eliminazione dal 
corpo dell’humus negativo attraverso la pratica del salasso. Gli uomini, le donne, i bambini 
morivano in pochi giorni e gli stessi famigliari abbandonavano gli ammalati per il terrore di 
essere contagiati. Davanti a tanta impotenza e smarrimento prese corpo l’idea che la pestilenza 
fosse un “castigo di Dio”, una punizione divina per la dilagante corruzione di costumi che 
caratterizzava l’Europa del ‘300. Si formarono le prime compagnie dei flagellanti e si diffusero 
pratiche devozionali che si manifestavano in preghiere continue, in processioni e nella 
devozione assoluta a santi come San Rocco, ancora oggi presente nella nostra tradizione 
contadina. Divenne consuetudine quasi ossessiva, per il ceto agiato, il testamento, che 
consentiva di destinare alla Chiesa ingenti patrimoni. Si alimentò, in mancanza di conoscenze 
scientifiche in merito alle cause reali di questa epidemia, la caccia al “diverso”: ne fecero 
miseramente le spese streghe ed ebrei. 
Come sempre dopo ogni momento di smarrimento, anche dopo la terribile “peste nera” tornò il 
sereno sulla nostra Città e sulla nostra gente. Avviliti e decimati nella popolazione e nelle 
risorse, i nicesi trovarono nel loro orgoglio e nel loro entusiasmo la voglia di costruire una 
nuova vita, mentre la gioventù cresceva dopo la tragedia grazie alla tempra e alla tenacia di chi 
era sopravvissuto ha saputo.