sabato 17 agosto 2013

E' già Palio 13) Canelli: è l'ultimo anno di Benedetti?



Torna dopo i ben noti fatti dello scorso anno il Comune di Canelli al Palio di Asti.
La storia tra il comune spumantiero e la corsa astigiana, si sa, è un ben noto rapporto di amore ed odio.
"Questo sarà il mio ultimo anno, se le cose non cambiano - esordisce il rettore Benedetti - sono stufo dei giochini politici che nel Comune stanno dietro al Palio. Quest'anno abbiamo chiesto un contributo per poter partecipare al Palio, il Comune ci ha incoraggiato ben sapendo che un nostro ritiro, con conseguente impossibilità di potervi tornare nelle edizioni successive, sarebbe stato uno smacco a livello elettorale (a Canelli il prossimo anno si torna alle urne ndr). Ma per quanto riguarda il Dio Denaro, da quell'orecchio il Comune non ci sente".
I rapporti tra Amministrazione e Comitato sono freddi: una querelle che non si conclude solo nel Palio ma che prosegue anche con la questione della Pro Loco di Villanuova di Canelli, rea, secondo Benedetti, di godere di appoggi politici a dispetto di quella di Canelli, presieduta dallo stesso Benedetti: "Abbiamo fatto ricorso al Tar e al Presidente della Repubblica, ma non c'è stato niente da fare: troppi gli interessi in gioco, fanno venir voglia di lasciar tutto e smettere per sempre".



IL PALIO SECONDO GIANCARLO BENEDETTI

Il rettore più longevo (e più discusso) del Palio ha un'idea ben precisa della manifestazione: "E' una grandissima Festa, e anche una grande risorsa per il territorio. Io ho passato una vita nel Palio, da quando andavo alla "Siesta" con Simonazzi ad allenare i cavalli. Certo gli anni passano e le delusioni si accumulano, ma la passione è sempre accesa.



CANELLI AL PALIO

Mina vagante per definizione, torna in piazza dopo un anno di sosta. Non si conoscono ancora i dettagli della monta, come di consueto formalizzata all'ultimo, anche se è insistente la voce di Massimo Donatini su un cavallo della scuderia Mazzeo. Una stoccata Benedetti la riserva ai rivali di sempre, i nicesi: "L'anno scorso festeggiavano per la nostra esclusione, dicendo che avrebbero fatto il diavolo a quattro. Sono arrivati più indietro di quando di solito arrivano con la nostra presenza in piazza".



Gli Scarampi signori di Canelli

La famiglia degli Scarampi è una delle più antiche del patriziato astese. 
Esercitò un’intensa attività creditizia della quale si avvalsero i conti sabaudi dal 1297 al 1381 ; ricevette, 
inoltre, privilegi commerciali dai Re di Francia e di Navarra che considerarono gli Scarampi “burgenses” e 
non “stranieri”. Rimasero tuttavia legati alla proprietà fondiaria e furono destinatari di investiture di feudi,  da parte sia del Comune o dei Signori di Asti, sia del Marchese del Monferrato, sia dei Savoia. 
Dal 1329 feudatari di Vinchio, Montaldo e Mombercelli, più tardi furono investiti di Cortemilia, Canale,  Olmo, Roccaverano, Bubbio, San Giorgio, Monastero, Cairo, Proney, fregiandosi anche del titolo di  marchesi.
Nel 1462 agli Scarampi è assegnato in feudo dal Duca Carlo d’Orléans, discendente dei Visconti-Orléans,  Signore di Asti, “Villa et locum et posse Canellarum Patriae Astensis” (città, territorio e possedimenti di  Canelli d’Asti). 
Vivo, forte ed interessante sarà il legame culturale del Duca, alta espressione della poesia rinascimentale  francese, e della corte orléanese, con esponenti femminili degli Scarampi. 
La nobile famiglia eccelleva, dunque, non solo sul piano commerciale, ma anche per sensibilità culturale. Fin  dal XIII secolo, inoltre, fu molto attiva nella vita politica: Guglielmo fu Podestà di Genova nel 1264, Filippo  fu sostenitore acceso del ghibellinismo in Asti all’inizio del Trecento, Francesca Maria, contessa di Canelli,  sarà tesoriera e successivamente (1610) governatrice di Asti, agendo con diplomazia e determinazione in  coerenza con il motto araldico della famiglia: “ Modus et ordo” (capacità e ordine).
Il Comune di Canelli rievoca l’omaggio di benvenuto ai nuovi feudatari preceduti nel corteo dalle chiavi della  Città e dalla bolla di dedizione e seguiti dal popolo che offre i prodotti del proprio lavoro, con doviziosi  omaggi. Secondo il rituale, i doni simbolici agli Scarampi seguono, nella presentazione offertoriale, un ordine  propiziatorio: il pane ed il sale dell’ospitalità, le pregiate uve delle colline, il bianco vino apprezzato alla  corte di Francia, cesti di prodotti dell’orto, tessuti e ricami con le insegne. Il tutto come augurio di buon  governo e di prosperità per il popolo.