"Quest'anno sposteremo la sede della cena propiziatoria al Salera: speriamo che i borghigiani possano accorrere più numerosi rispetto agli scorsi anni" sintetizza così Maddalena Spessa, rettrice del Don Bosco, la nuova strategia del borgo giallo e blù. "Certo, da noi al Don Bosco il Palio è sentito poco, speriamo nei giovani, visto che ne abbiamo molti in Comitato e nella loro capacità di fare attrattiva e avvicinare nuove persone al Palio. Noi del Don Bosco, d'altra parte crediamo molto nei valori del Palio e della tradizione. non per altro abbiamo voluto tramandare di anno in anno alcune manifestazione, come il concorso di poesie dialettali e il Palio dell'amicizia proprio per sottolineare questi grandi valori che noi riteniamo fondamentali per la Festa".
IL PALIO SECONDO MADDALENA SPESSA
"Il Palio è essenzialmente partecipazione, e aggregazione. Questo penso sia il valore principale per me. Oltre a questo, credo che il Palio sia anche un veicolo per costruire e rinsaldare solide amicizie. Noi crediamo fortemente in questo valore ed è per questo che abbiamo creato il Palio dell'Amicizia.
DON BOSCO AL PALIO
Don Bosco punta su un ritorno eccellente, Gianluca Fais che dopo la vittoria con Tanaro ha lasciato per qualche tempo il Palio di Asti. "I nostri ragazzi - commenta Maddalena - si sono impegnati tantisssimo e sono andati spesso in Sardegna per seguire la preparazione della nostra accoppiata. Speriamo presto di poterne vedere i frutti".
Nuove eroine per l'immaginario medievale
Se nel 1312 Jacques de Longuyon, nel suo Voeux du paon, elaborò per la prima volta il
ciclo dei “Nove Prodi” per celebrare le virtù e gli ideali del mondo cavalleresco, nel 1373 il
parigino Jehan Le Fèvre ne definì l’esatto contraltare femminile, destinato ad avere
un’enorme fortuna sia in campo letterario sia in quello delle arti figurative. In un periodo
di dominante misoginia, scrisse il Livre de Lëesce per dimostrare come le donne siano più
audaci, coraggiose e virtuose degli uomini. Ispirandosi a romanzi antichi e al De claris
mulieribus di Giovanni Boccaccio, ad imitazione speculare dei “Nove prodi” compilò un
catalogo di nove eroine leggendarie che rappresentavano una visione cortese e
cavalleresca della mitologia e della storia antica. Tale catalogo fu prontamente ripreso da
Eustache Deschamps, da Christine de Pizan e da Tommaso di Saluzzo, diventando fonte
d’ispirazione per straordinari capolavori nell’ambito della cultura artistica del Gotico
internazionale. Ad esempio, già nel 1396 Luigi d’Orléans signore di Asti commissionava il
ciclo delle Nove Eroine per il salone del castello di Pierrefonds, e nel 1399 fece realizzare
statue monumentali di analogo soggetto per decorare la facciata del castello di La Ferté-
Milon. Se il ciclo dei Nove Prodi rappresentò l’apoteosi dell’ideologia cavalleresca, quello
delle Nove Eroine tentò di arginarne la crisi culturale. Alla fine del Trecento la cavalleria,
ormai decaduta dal suo ruolo militare, vide messi in discussione anche i suoi ideali
‘maschilisti’ e reagì al declino rifugiandosi nella fantasia e nel sogno, con una fuga dalla
realtà a cui le donne furono invitate a partecipare da protagoniste e non più da semplici
gregarie. Il ciclo prevedeva nove regine: Semiramide sovrana di Babilonia, indomabile
guerriera e inventrice dei giardini pensili; Tamaris, regina dei Massageti, che sconfisse e
uccise in battaglia Ciro re dei Persiani; Teuca, regina degli Illiri, che morì lottando contro i
romani per preservare la libertà del suo popolo; Deifila, moglie del re di Argo che
sconfisse la potente Tebe. Ad esse si aggiungono le inquietanti figure delle cinque regine
delle Amazzoni: Sinope, Ippolita che combatté contro Ercole, Antiope amante di Teseo,
Lampeto e Pentesilea alleata dei Troiani contro i Greci e morta per mano di Achille