lunedì 16 giugno 2014

Asti e Siena, quella sottile linea rossa che non doveva essere superata



Pubblichiamo un intervento di Alarico Rossi, cronista del Corriere di Siena, sulla questione legata agli sviluppi processuali del caso Bartoletti, che ha avuto un vasto eco anche nella città toscana.
E proprio di questi giorni, infatti, un articolo apparso sul Corriere di Siena a firma di Alarico Rossi, dal titolo "Chi tocca il Palio, ci rimette la poltrona". Secondo questa ricostruzione, sarebbe stato fatale all'ex Assessore la costituzione di parte offesa nel processo. Vediamo invece come la situazione è vista nella città toscana

Perché il “Bartoletti-gate” (chiamiamolo così, dando per scontata la conoscenza dell'argomento da parte del lettore) ha avuto tanta risonanza fuori da Asti e specialmente a Siena? Premettiamo che colui che scrive è di Siena e che l'intento di questo intervento è quello di far capire agli astigiani cosa è arrivato a Siena della questione che ha coinvolto il fantino Scompiglio e la (oggi in alcune parti ex) amministrazione astigiana. Quindi il lettore astigiano dovrà comprendere in alcuni punti del testo ciò che sicuramente nella sua vita avrà provato almeno una volta sulla propria pelle: per il senese, il Palio è quello di Siena, punto.

Fatta questa necessaria premessa, la domanda del giorno dopo l'accaduto, diciamo del lunedì in cui si è corso il Palio di Asti, a Siena è stata: ma una cosa del genere può succedere anche da noi? Il terrore. Domanda lecita e spontanea, con risposta negativa. A Siena il canape e le modalità di partenza sono talmente diversi da quelli di Asti (presenza della rincorsa, vicinanza tra i due canapi, dimensioni e peso del canape) che le volte in cui poteva succedere una cosa simile, la caduta del cavallo è stata meno repentina e improvvisa.

Per i senesi, la prima cosa veramente incomprensibile dopo la tragedia occorsa al cavallo di Santa Maria Nuova è stata la squalifica ai danni di Bartoletti. Non solo troppo pesante, ma inconcepibile. Se esiste un regolamento, si applica quello, fine. Specialmente se il giorno dopo la stessa cosa, con risultato diverso, è accaduta a Valter Pusceddu. E già a Siena era chiaro l'intento astigiano, fin dalla notizia dei dieci anni di squalifica: dare la colpa a qualcuno, non affrontare il problema.

Infine, gli astigiani sono stati considerati come dei folli quando è uscito l'intento di pronunciarsi parte civile (offesa) nell'eventuale processo ai danni di Jonatan Bartoletti. Siena di processi ne ha avuti e il precedente del 1998 ha lasciato un segno indelebile nell'immaginario collettivo di quali sono i rischi che si corrono quando si entra nelle aule di giustizia. Il ragionamento è passato immediatamente all'eventuale condanna di un fantino per maltrattamento animali. Dunque: se un cavallo muore in corsa, o comunque se subisce un infortunio, e il suo fantino viene processato per maltrattamento animale e condannato, viene escluso per il periodo della condanna dallo svolgere il mestiere di fantino. Non importa dove, quando o perché: la legge italiana parla chiaro e sinceramente (leggi la premessa) se una cosa succede ad Asti non è successa a Siena, se succede a Fucecchio non è successa a Legnano. Ergo, si toglie il lavoro ad una persona, solo perché disgraziatamente era su un cavallo (magari suo) nel posto sbagliato al momento sbagliato. La posizione del comune di Asti era contro una persona che con il suo lavoro produce uno spettacolo di cui il Comune stesso si fa organizzatore con ricavi di soldi e immagine importanti. Impensabile. Quindi, l'eco del Bartoletti-gate era tale da far preoccupare molti personaggi legati al Palio di Siena, prima gli anziani e poi quelli di oggi. I fantini hanno capito per la prima volta negli ultimi quaranta anni che la loro categoria può essere veramente a rischio per il pericolo e l'accidentalità che il loro lavoro comporta.

Una piccola digressione, per far capire quanto i fantini si siano sentiti a rischio come categoria in questa annata come non era mai successo prima, va fatta parlando del caso di Sebastiano Murtas a Fucecchio. Aggredito durante le corse di primavera a cavallo da Alberto Ricceri, Murtas e Ricceri si sono tirati giù da cavallo e si sono presi a pugni in mezzo alla pista. Radiazione per un anno da tutte le corse di Fucecchio. Motivo: comportamento antisportivo. Impensabile. Antisportività e pericolo sono alla base dei Palii e del lavoro dei fantini. Che vengono pagati in maniera profumata proprio per i loro valori (tutto tranne che etici) e per mettere a repentaglio la propria incolumità. Sono concetti che vanno accettati.

Se si dice che nel Palio l'unica regola è che non ci sono regole, e magari ce ne vantiamo anche, dobbiamo accettare e rispettare che Bartoletti è stato antisportivo nel cercare di partire in anticipo e che il cavallo accidentalmente è caduto in quel modo e che certo non era un volere del fantino. Fa parte del Palio, della nostra vita, della nostra cultura.

In tutto questo, subentrano i rettori. Che mettendoci la faccia hanno salvato l'Italia dei Palii dal pericolo più difficile da arginare: l'ammutinamento eventuale di uno dei principali punti di riferimento dei Palii in Italia. In questo,il rettore di Tanaro Rasero è stato lungimirante nel comprendere quanto fosse pericoloso non solo per Asti ma per tutto il sistema dei Palii d'Italia una simile posizione del comune in un eventuale processo ai danni di un fantino. Perché poteva succedere a chiunque, in qualsiasi momento e in qualsiasi parte del mondo. E i rettori di Asti hanno vinto la loro battaglia dimostrando il loro attaccamento al Palio, ai valori e alle tradizioni di una manifestazione che caratterizza tutti noi, paliofili d'Italia senza distinzione di cittadinanza, e che va difesa con le unghie e con i denti, perché la nostra atipicità nei confronti del mondo globalizzato viene combattuta silenziosamente e costantemente. Abbiamo capito oppure no che ci aspettano dietro l'angolo pronti per sfruttare il primo nostro errore? E il primo nostro errore poteva essere schierarsi contro un fantino.

Alarico Rossi