domenica 23 agosto 2015

Verso il Palio 10) Moncalvo e il ritorno del Coghe: in attesa del sigillo che lo lancerà nel "Gotha" dei grandi



Sarà una sfida importante, padre - figlio quella a cui assisteremo il 20 settembre in Piazza Alfieri. Moncalvo lega di nuovo le sue sorti ad Andrea Coghe, il "Conte" che bene ha figurato nelle scorse edizioni del Palio con la casacca degli aleramici. Ad Andrea serve un sigillo definitivo per poter tramandare la dinastia dei Coghe, che molto fino ad ora ha lasciato nella storia dei palii. Chissà se il sigillo arriverà proprio questa volta 
BORSINO:

 



TEMA DI SFILATA

Curarsi nel medioevo tra antiche sapienze e concezioni filosofiche 




L’atteggiamento medievale verso la morte era un insieme di rassegnazione passiva, fiducia mistica e timore per il destino dell’anima, che poteva subire una punizione senza fine o essere premiata con la vita eterna. La cristianizzazione di antiche usanze legate al culto dei morti iniziò nell’ambito della cultura monastica. Un rito funebre alquanto macabro era legato al putridarium: un ambiente funerario provvisorio, generalmente una cripta ipogea collocata sotto il pavimento delle chiese, in cui i cadaveri dei frati o delle monache erano posti entro nicchie lungo le pareti su appositi sedilicolatoio. Questo impressionante rituale si spiegava con il fatto che la carne era considerata elemento contaminante per la natura immateriale dell’anima; la salma doveva infatti presentarsi completamente scheletrizzata, asciutta, ripulita dalle parte molli. Solo quando la metamorfosi cadaverica si risolveva nella completa liberazione delle ossa, simbolo di purezza e durata, allora l’anima poteva dirsi definitivamente approdata nell’aldilà. La pratica della scolatura si diffuse largamente nel sud Italia e in diversi stati e città del nord come Milano e Novara. Nel marchesato monferrino dei Paleologi del XV secolo non mancavano chiese con i putridaria, come testimoniano i resti archeologici presso la chiesa della Santissima Annunziata di Valenza Po. Nella Civitas Montiscalvi esistevano ben tre monasteri maschili, alcuni probabilmente dotati di putridarium, e la vicina grangia della Masone, nel podere di Guazzolo, era sede di un convento appartenente alle monache di Rocca delle Donne di Camino. In quel luogo, la cui storia si spinge ben oltre la memoria dell’uomo, si ha notizia che le suore defunte non venissero seppellite, ma collocate su sedili di pietra dotati di un foro al di sotto del quale un vaso d’argilla serviva a raccogliere i liquami prodotti dalla decomposizione dei corpi. Secondo la tradizione, ogni giorno le religiose vive si recavano a far visita alle consorelle; la vista dei corpi consumati doveva servire loro per meditare sulla fragilità della carne e sulla pochezza della vita terrena. Una volta terminato il processo di putrefazione, le ossa venivano raccolte, lavate e trasferite nell’ossario. Il rito si concludeva con l’esposizione dei crani che erano venerati e omaggiati, al pari di reliquie, anche da alti prelati e dai nobili signori locali. I teschi erano considerati il simbolo delle cosiddette “anime antiche”, perché erano quanto rimaneva dei morti, quello che restava presente del passato.