venerdì 21 agosto 2015

Il Palio, antidoto alla disperazione nichilista di questi tempi grami


Manca un mese al Palio di Asti. A tutti i lettori del Canapo auguro di vivere al meglio questo periodo intenso di avvento alla nostra Festa.

So, come qualsiasi persona di Palio, come la vista delle prime bandiere appese per le vie di Asti significa l'inizio di una serie di tonfi al cuore che ogni borghigiano conosce e sa che ogni anno si ripresenteranno regolari. Il Palio è anche questo un appuntamento con sé stessi che è difficile controllare, imbrigliare nelle maglie di una società che ci ha abituato al perbenismo e al mito del politicamente corretto.
Sì perché il Palio è ciò che più è lontano dall'ipocrisia interessata, dalla dittatura del buonismo che affligge questi tempi grami. Una Festa dove conta vincere e non partecipare, dove vale tutto e dove il gioco leale (volgarmente chiamato fair play) non è pervenuto.
Per questo, soprattutto, la nostra Festa si è attirata gli strali della società odierna: "medioevo”, “malati di mente",“sadici”, “vergogna”. Chi si erge a novello Mosè ( e ce ne sono tanti, sulla carta stampata e sui social network) per farci attraversare mari senza bagnarci i piedi verso le magnifiche sorti e progressive non può concepire l'idea di una Festa totalizzante, che ti tiene in ostaggio il corpo e l'anima.
Coglie bene il punto (senza essere senese, penso, e nemmeno uomo di Palio) Enrico Galoppini su "Il discrimine": parla delle recenti polemiche del Palio di Siena, ma il discorso vale per tutti noi.
I giornali hanno scoperto, improvvisamente, le "fogate" senesi: scomunica ed anatema. 
"Vi sono poi quelli che si scandalizzano pure per qualche scazzottata – scrive - per la verità sempre meno frequente – in nome della mitica non-violenza. Poi però questo stesso mondo così fiero di essere “moderno” istituisce cattedre di Antropologia e si commuove al pensiero della scomparsa delle “ultime tribù dell’Amazzonia”… E sforna sempre più depressi e squinternati che sfogano la loro rabbia repressa nei modi allucinanti che purtroppo sentiamo dai notiziari… Forse un Palio a tutti quanti avrebbe fatto bene, altro che: Siena è la città d’Italia col minor grado di criminalità, perché è noto che se l’aggressività è un istinto insopprimibile dell’essere umano, quando essa trova un canale per sfogarsi – e possibilmente un canale che si “integri” nell’esistenza di una persona e concorra alla formazione del suo “carattere” – ciò non mi pare certo un difetto".
Il Palio è nel mirino di coloro che "abolirebbero, in nome della “liberazione animalista”, una Festa che non comprendono perché sono troppo imbevuti di una mentalità moderna che pone al primo posto, assieme ad una “razionalità” di facciata, elementi d’ordine sentimentale e moralistico".
C'è molta più civiltà nel Palio, in qualsiasi Palio, che in qualsiasi movimento antispecista, ideologia che ben si sposa ai decadenti tempi del tramonto del pensiero occidentale. Non ho paura di dirlo, e lo dico fieramente e orgogliosamente, a voce alta.
Insomma, a tutti consiglio di non commentare, non rispondere alle provocazioni, e non dare nessuna ribalta mediatica che lorsignori cercano disperatemente. "Quanto ai commenti su Facebook, anche se qualche senese si abbassa a rispondere a certe flatulenze senza capo né coda, non è cosa di che preoccuparsi -  conclude Galoppini - si tratta di un giocattolo messo in mano a gente disperata che vorrebbe coinvolgere nella propria disperazione nichilista anche chi – fortunato lui – possiede ancora quella “unica cosa”, inconcepibile per gli altri, che è il Palio".
Insomma Buon Palio a tutti, la Festa è cosa nostra, del quale essere orgogliosi. Ognuno combatterà la propria buona battaglia, fuori e dentro il catino. E poco importa quello che verrà. Il Palio rimarrà, perché prima che sulla terra, si corre nelle nostre anime. Resistere, resistere, resistere.