lunedì 24 novembre 2014

La Rotonda di San Pietro in un libro sui Templari piemontesi a cura del professor Alessio Varisco


Un libro che racconterà le vicende dei templari piemontesi, e della rotonda di San Pietro in Consavia, meglio conosciuta come Battistero.
Il lavoro del professor Alessio Varisco ha mosso i primi passi durante il Palio 2014, dove nel complesso di San Pietro in Consavia, già sede del Priorato di Lombardia dell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta, alla presenza di: Loredana Beltrame, già rettrice del Borgo San Pietro, Marta Ferrero, presidente del Lions Club Asti Alfieri e con Roberta Pistone e Renato Cane, il professor arisco, docente e Direttore di Antropologia Arte Sacra ha fatti una presentazione dei suoi studi, che presto diventeranno parte di un libro sui templari piemontesi.
Anche ad Asti vi era una “Domus Templi”, ovvero una caserma-monastero dei Pauperes Christi Templique Salomonis-ordine militare sorto nel 1119 e riconosciuto canonicamente, dieci anni dopo, il 13 gennaio, Sant’Ilario di Poitier-. La città era il crocevia di traffici ed era menzionata nella Bulla “Piae postulatio Volutatis” che istituì l’altro ordine monastico-cavalleresco: l’Ordine Ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme -celebrato l’anno scorso con una pubblicazione sul Beato Gherardo de’ Saxo, fondatore dei Giovanniti, presentato dal Lions Club “Alfieri” di Asti ed il Comune che mi ha tributato la targa di San Secondo-. Una chiesa extra moenia, similmente a San Pietro in Consavia, con una mansione ed hospitium limitrofo era dedicata a “Santa Maria del Tempio” oltre le mura della città di Asti, in una posizione strategica verso Alessandria, rispetto alla Commenda giovannita -la cui sede era nel complesso di San Pietro in Consavia- era posta a levante, in prossimità del Ponte Verde, all’altezza della Viale del Pilone all’incrocio con la via lungo la quale scorre il Rio Verde. Questa Domus Templi ebbe molte proprietà, i Templari acquisirono molte terre alle dipendenze ed anche una chiesetta posta presso il fiume Tanaro.

Di queste proprietà vi sono diverse attestazioni documentali già in un cabreo dell’Ordine Gerosolimitano della commenda astigiana; questo documento, una ricognizione periodica attestante le proprietà dell’Ospedale, che risale al 1619, ove era indicata un’area detta della “alla Madonna del Tempio” sita nei pressi della città. L’indicazione che agli inizi del XVII secolo vi fosse un toponimo dedicato ai Templari significa che la chiesa, un tempo, era appartenente aiMilites Templi -volgarmente detti “Cavalieri del Tempio”, “Tempieri” o Templari-, dai quali, con molta probabilità fu costruita intorno al XIII secolo. Un’attestazione del 1227 dichiara “in Ayralio Sancte Marie mansionis templi de Aste” il 24 Maggio di quell’anno, presso questa chiesa già esistente templare, fu convalidato il trattato di pace stilato già un mese prima fra il marchese Bonifacio di Monferrato ed il Comune di Asti; questo importante atto fu siglato nella chiesa di “Santa Maria di Frinco” nell’aprile di quell’anno.
Quella chiesa titolata a “Santa Maria del Tempio”, nel corso della storia, seguì le vicissitudini deiMilites Templi, difatti con la Bolla “Vox in excelsis” di Sua Santità Clemente V -emanata il 22 Marzo 1312- soppresse l’Ordine del Tempio e la chiesa, così come le altre strutture templari, con tutti i loro beni posseduti passò ai Giovanniti che già possedevano un hospitium, la chiesa e la rotonda dell’Anastasis di San Pietro in Consavia ad Asti.
Si noti che nel complesso di San Pietro in Consavia, l’edificio erroneamente detto battesimale -il battistero di San Pietro- era anticamente una riproduzione dell’Anastasis gerosolimitana, edificato intorno al 1160 dai Cavalieri di San Giovanni, vi era un altare dedicato alla “Madonna del Tempio”. Un’ipotesi, ripresa anche dal prof. Tosco, confermerebbe che i Giovannitiacquisirono i beni e chiese templari, da cui deriverebbe il titolo, appunto, di “Santa Maria de’ Templo” e che soltanto dopo la demolizione della chiesa dei Milites Templi fosse traslato, forse, uno degli altari. Non è un caso che l’altare mariano venisse traslato nell’Edicola della Risurrezione di Cristo, così come le statue della Cattedrale che mostrano un complesso di terre cotte, simili a quelle dei Sacri Monti, con le mirophore che piangono il corpo del Divin Maestrodeposto. Un significato liturgico, essenzialmente legato anche alla mimesi della Religione Giovannita che, in Rodi, aveva sviluppato un radicale attaccamento alla Beatissima Vergine. Difatti gli Ospitalieri di San Giovanni che già avevano San Giovanni Battista come loro “Padrone”, conquistando Rodi iniziarono dal Monte Phieleremo -dove vi era un monastero bizantino con una eikon miracolosa, già venerata da tutti i pellegrini diretti verso i Loca Sanctache rendevano omaggio alla Madonna di tutte le Grazie- resta significativo comunque che proprio San Pietro sia stato scelto per trasferire la dedicazione.
Interessante notare che questa dedicazione degli altari non compare solamente nel complesso dell’anastasis gerosolimitana astigiana, ma anche in un disegno dell’altare realizzato dall’abate Stefano Incisa -storico locale astigiano del XIX secolo- che descrisse la “Madonna del Tempio come il primo di destra.
Questa notazione riporta alla primigenia chiesa templare che, però, tenne a lungo l’antica dedicazione anche dopo la soppressione della Sacra Militia: nel “Calendario” della Cattedrale del XVI secolo è infatti segnalata con il nome di Santa Maria “de Templo”, e successivamente troviamo l’attestazione nel “Registro” del 1345 della “Ecclesia de Templariis”
Un documento importante del 1585, indicato nella relazione della visita fatta da monsignor Angelo Peruzzi -il Delegato Apostolico-, Santa Maria non risulta più come parrocchia, bensì ormai soppressa ed unita alla “Parrocchia di San Pietro Consavia”. Mons. Peruzzi, però, indica nella sua visita questa chiesa come “de Tempore” e chiesa di Santa Maria “de’ Templo” come in tutti i precedenti documenti; il Delegato Apostolico informò che ormai la chiesa, quasi “dirupta et colapsa” versava in un terribile degrado, sprovvista di un suo custode, con la porta sempre aperta, abbandonata, tanto che era “spesso ricovero -così come denuncia monsignor Peruzzi- di zingari e di bestie”. La chiesa viene descritta nella relazione dell’ultimo quarto del XVI secolo con ben due altari, ma rarissimamente il curato di San Pietro vi celebrava la Santa Messa, addirittura portava ciascuna volta con sé tutto il necessario dalla sua chiesa per amministrare la Funzione. Pertanto sappiamo che gli astigiani furono obbligati dal Delegato apostolico a restaurare la chiesa e che soprattutto –che per decoro- fosse accuratamente chiusa nei periodi in cui non vi si officiavanoSacri Riti. Un fatto assai curioso legava questa chiesa ad un significato apotropaico davvero insolito: difatti molti febbricitanti andavano a ramazzare il sagrato ed il suo interno credendo di poter così guarire dalla loro malattia. Il Monsignore, pertanto, ordinò che nessuno in futuro fosse lasciato entrare per questo scopo, al fine di eradicare una simile turpe superstizione.
Tre anni dopo, invece, Monsignor Panigarola nella sua Visita rinnovò le medesime prescrizioni del Delegato Apostolico, inoltre ordinò che la chiesa di “Santa Maria del Tempio” fosse considerata una cappella campestre, un semplice oratorio.