venerdì 22 giugno 2018

I Temi del Corteo storico 2018 - San Secondo, Moncalvo e Nizza Monferrato

Foto di Francesco Sciutto - www.francescosciutto.com
Continua quest'oggi, mantenendo la sua cadenza giornaliera, la presentazione dei Temi del Corteo storico del Palio di Asti 2018. Nelle prossime righe andremo a scoprire cosa verrà rappresentato il prossimo 2 settembre dal Rione San Secondo e dai Comuni di Moncalvo e Nizza Monferrato.

Tutti i temi, poi, verranno inseriti nell'apposita sezione della pagina del menù "Verso il Palio...2018", così da restare sempre consultabili e a portata di click in qualunque momento.


RIONE SAN SECONDO

COBOLDI, FOLLI, UOMINI-ALBERO E UOMINI-CANE: FOLKLORE MEDIEVALE NEI CAPITELLI DELLA COLLEGIATA DI SAN SECONDO AD ASTI

I capitelli della collegiata di San Secondo, realizzati alla fine del Trecento, tra volute vegetali e scudi araldici delle famiglie committenti ospitano una strana ed inquietante popolazione. Vi compaiono i “folli” dall’espressione enigmatica e in abito da giullare, protagonisti delle trasgressioni carnevalesche e sovvertitori dell’ordine costituito. Si alternano ai misteriosi uomini-albero dal volto fatto di foglie, semi-divinità precristiane non sempre benevole, custodi dei boschi e delle foreste.
Timidi coboldi dalle lunghe orecchie e dalle membra rachitiche, spiritelli domestici e capricciosi, sorreggono il peso del tiburio e vanno identificati con gli sfuggenti “sarvàn” delle farse astigiane di Gian Giorgio Allione alla fine del Quattrocento. E altri strani ibridi, cani e pantere dai tratti umani, reminiscenze forse di antichi rituali longobardi. Se in epoca romanica i mostri e le creature fantastiche che popolavano le chiese sono incasellati in una loro razionale zoologia e interpretano ruoli precisi nella narrazione della storia della Salvezza, in quella tardo-gotica rappresentano il folklore magico e rituale dell’epoca, originato da culti arcaici a lungo repressi, che si prende la rivincita e invade il luogo sacro della religione che aveva decretato l’ostracismo contro tali tradizioni.
Nei “folli”, ad esempio, riemergono le feste romane dei “Saturnalia”; gli uomini-albero, per contro, vanno collegati ai culti del dio silvano Kerumnus, praticati dalle popolazioni europee celtiche e liguri.
I timidi coboldi appartengono alle saghe norrene, introdotte nell’Italia dell’alto Medioevo dai popoli germanici. Cinocefali, uomini cane e uomini pantera da una parte si ricollegano alle feste romane dei Lupercalia, durante le quali i celebranti indossavano spoglie e pelli di animali feroci, dall’altra alla reminiscenza di antiche sette di guerrieri longobardi, i cui adepti combattevano indossando terrorizzanti maschere di lupo, di mastino o di grandi felini. La rappresentazione del folklore magico e popolare è molto frequente nelle chiese tardo-gotiche del nord Europa; in Italia, per contro, i capitelli astigiani della collegiata di San Secondo costituiscono, se non un unicum, certamente un esempio molto raro per qualità, varietà e completezza.



COMUNE DI MONCALVO

BASTONE E PALLA: LA SOULE À LA CROSSE

Nell’odierna comunità aleramica una delle pratiche sportive più seguite è l’hockey su prato, uno sport nel quale Moncalvo rappresenta l’unico club di tutta la provincia di Asti. Non tutti sanno, però, che l’hockey su prato ha origine antiche e che nell'Europa medioevale era assai popolare. Se è soprattutto nelle Isole Britanniche e in Francia che l'hockey su prato ha trovato terreno fertile, anche nella Marca Monferrina, specialmente durante i tornei cavallereschi, si ha notizia di giochi praticati con bastone e palla, meglio noti come “soule à la crosse”. Benvenuto San Giorgio, nella sua Historia Montis Ferrati, fa riferimento ad appositi statuti per questo ed altri giochi che stavano lentamente soppiantando il tiro con l'arco. Un censimento delle attività imprenditoriali, svolto a inizio ‘400 a Casale e nel basso Monferrato, certificava la presenza di botteghe dove venivano prodotte mazze e stecche per la soule à la crosse e per i numerosi giochi da essa derivati. I nobili lo praticavano nelle corti, in giardini ben curati o in appositi campi da gioco. Le persone comuni utilizzavano qualunque spazio a disposizione: campi fangosi, terreni sassosi o le trafficate via cittadine. Le mazze, leggermente ricurve a un’estremità, erano di solito realizzate in legno di frassino o noce, ma, pur di giocare, qualsiasi materiale di recupero poteva andare bene. La palla, invece, era solitamente in legno oppure in osso o in cuoio. L’obiettivo delle partite era di contendersi la palla tra giocatori e di scagliarla verso una meta delimitata da pali. Sebbene la mazza fosse lo strumento principale del gioco, si potevano colpire con le mani o con i piedi sia la palla sia gli avversari. Così il gioco diventava una mescolanza tra hockey su prato e lotta libera con contusi e feriti, a volte, anche gravi. Questo sport poteva contare su estimatori illustri anche tra il gentil sesso: Giovanna d’Évreux, terza moglie del re di Francia Carlo IV il Bello, era appassionata di un gioco che, dalle descrizioni che ci sono rimaste, appare molto simile all’hockey su prato: ella stessa vi prendeva parte, utilizzando una raffinata mazza in argento.
Proprio come nei tornei cavallereschi, la dama diventava madrina dei giocatori donando loro un fazzoletto, un nastro o un qualsiasi parte del suo abbigliamento e a lei era dedicata la vittoria. Inoltre, alla dama spettava il compito di offrire il premio della partita che spesso consisteva in una corona d’alloro in oro oppure un anello, un gioiello o una semplice ghirlanda.



COMUNE DI NIZZA MONFERRATO

TEXTORES ET SARTORES NICEAE PALEARUM

Nizza, intorno alla metà del XIII secolo, favorì l’insediamento di artigiani nel territorio, regolando la loro attività, come indica il Liber catenae: tra loro troviamo sarti e tessitori. Questi ultimi ricevevano il filo occorrente alla tessitura dal cliente, dovevano pesare il filo in sua presenza e, controllo che andava ripetuto una volta effettuata la lavorazione per verificare che il peso della stoffa corrispondesse a quella del filo consegnato. Ai tessitori era proibito di lavare la canapa ed il lino in alcuni tratti del Belbo e nei fossati dell’abitato.
Le norme fissate dal podestà per i sarti riguardavano quasi esclusivamente i prezzi che essi potevano richiedere per la confezione dei vari capi di vestiario, che si aggiravano intorno a una decina di denari per una tunica, fino a quattro soldi per la confezione di un corsetto e di una gonna: naturalmente tanto più le confezioni erano ornate di fregi, o foderate tanto più erano costose. Quando un cliente portava della stoffa al sarto per farsi confezionare un vestito, il sarto doveva eseguire il taglio del vestito e imbastirlo in presenza del cliente stesso, quindi pesare la stoffa assieme a tutto il necessario per completare il vestito, ad eccezione del filo. Quando poi il vestito veniva consegnato, si doveva nuovamente procedere alla sua pesatura ed era richiesto che il peso fosse uguale a quello iniziale. Se questa norma non fosse stata osservata, la multa che avrebbe colpito i trasgressori era di ben cento soldi. Il podestà, entro quindici giorni dal suo giuramento, doveva richiedere a tutti i sarti di giurare l’osservanza delle norme che abbiamo ricordato.