domenica 24 giugno 2018

I Temi del Corteo storico 2018 - Canelli, Cattedrale e Don Bosco

Foto di Francesco Sciutto - www.francescosciutto.com
Continua quest'oggi, riprendendo la sua cadenza giornaliera interrotta solo nella giornata di ieri, la presentazione dei Temi del Corteo storico del Palio di Asti 2018. Nelle prossime righe andremo a scoprire cosa verrà rappresentato il prossimo 2 settembre dal Comune di Canelli, dal Rione Cattedrale e dal Borgo Don Bosco.

Tutti i temi, poi, verranno inseriti nell'apposita sezione della pagina del menù "Verso il Palio...2018", così da restare sempre consultabili e a portata di click in qualunque momento.


COMUNE DI CANELLI

OPERE IDRICHE IN CANELLI: NOBILI E POPOLO FINANZIANO E RINGRAZIANO

Il territorio canellese è caratterizzato dalle alte colline tipiche di questa zona compresa tra Monferrato e Langa Astigiana ed è situato sul primo  aprirsi della valle del torrente Belbo, su una porzione di pianura circoscritta dalle ultime propaggini della collina astigiana lungo la riva destra del Tanaro e dalle prime pendici della Langa. La coltura della vite, che tuttora domina il paesaggio, era già largamente diffusa a Canelli nell’epoca romana. Dopo il crollo dell'Impero romano, Canelli vive un lungo periodo di decadenza, ma a partire dall'Alto Medio Evo, inizia, con orgoglio, a rifiorire.
Verso la metà dell'XI secolo giungono sul territorio i discendenti dei Conti di Acqui che ne assumono la Signoria ampliando il loro potere grazie ad una estesa ramificazione parentale, che darà origine al Consortile di Canelli, comprendente anche numerosi territori del Circondario. Nel 1235 i Signori del Consortile si sottomettono al comune di Asti e, da quel  momento, Canelli, ininterrottamente sino ad oggi, seguirà le vicende storiche dell'Astesana. Quando Luigi d'Orleans, diventato Signore di Asti, decide di occuparsi delle località recate in dote dalla consorte Valentina Visconti inizia a regolamentare e controllare i redditi derivanti dai molini ed incentiva la costruzione di opere irrigue in tutto il territorio da parte delle comunità locali, le più interessate allo sviluppo ed alla produzione agricola e vitivinicola. Questi corsi d’acqua artificiali, tipici del paesaggio agricolo delle pianure pedemontane alpine e padane in generale, venivano detti “bealere”, da beale o bedale che significa 'rivo'.
Nel Corteo del Palio di quest’anno la città di Canelli intende celebrare un momento di particolare giubilo da parte di tutta la popolazione, che unisce tutti i gruppi sociali che hanno contribuito alla realizzazione della cosiddetta “bealera orléanese”. Sfileranno dunque contadini festanti con i doni della terra  –  che si auspicano più abbondanti grazie alla nuova derivazione –mercanti e artigiani che, grazie alle nuove installazioni di molini, possono incrementare le loro produzioni e i commerci, prosperose balie e vivaci lavandaie cariche di panni candidi e puliti e ancora nobili feudatari che hanno elargito le somme necessarie alla realizzazione del canale, contribuendo alla crescita ed all’arricchimento del territorio da loro amministrato.



RIONE CATTEDRALE

FUIT CONFESSUS... BANCHIERI, USURA E SALVEZZA DELL'ANIMA

Tra il XIV e il XV secolo, grazie alla attività di prestigiose famiglie di banchieri e mercanti, Asti si collocava all’ottavo posto tra le città più ricche della penisola. Grandissime quantità di denaro, alimentate soprattutto dai traffici commerciali, circolavano tra le sue mura e venivano ridistribuite da nord a sud in tutta Europa sotto forma di prestiti su pegno che i banchieri astigiani - conosciuti come Lombardi - concedevano attraverso le numerose casane situate anche al di là delle Alpi. Una ricchezza che però attirava spesso gravi accuse, prima tra tutte quella di essere usurai.
Considerata dalla Chiesa un peccato gravissimo, l’usura prevedeva una terribile pena eterna, ben rappresentata da Dante nel suo Inferno: il poeta colloca gli usurai tra i violenti contro Dio, natura e arte, costretti eternamente a sedere nudi su un deserto di sabbia infuocata portando al collo una tasca col blasone della propria famiglia. Una prospettiva terrificante, visivamente rappresentata nei codici danteschi del XIV e del XV secolo, che doveva fungere da deterrente contro questa pratica proibita.
La Chiesa, madre generosa, era tuttavia pronta ad accogliere i rei confessi che, pentiti e pronti al risarcimento delle ricchezze indebitamente percepite, a lei si rivolgevano per salvare la propria anima dalla dannazione eterna. Il Capitolo della Cattedrale, il  più importante centro notarile  ecclesiastico della città, diventa quindi il luogo di raccolta di queste ammissioni di colpa: numerosi sono infatti i documenti in cui banchieri di famiglie come Solaro e Pelletta, sul finire della propria vita, affermavano di aver praticato l’usura e percepito male ablata - il sequestro di beni a risarcimento di un prestito -, confessioni che i notai diligentemente trascrivevano indicando l’ammontare delle ammende, destinate a usi pii e al sostegno dei poveri. La buona o cattiva gestione del denaro, soprattutto in  ambiente  di forte circolazione  di ricchezze, era costante oggetto  di attenzione da parte dell’istituzione ecclesiastica, massima autorità civile e morale: vizi come l’Avarizia e la Prodigalità erano duramente condannati mentre la Liberalità era esaltata quale importante virtù del buon banchiere. Il Rione Cattedrale intende far rivivere momenti di pubblica penitenza in cui le nobili famiglie si confessano davanti al Capitolo, ben consapevoli della eterna pena che li attende in caso di morte impenitente.



BORGO DON BOSCO

AMEDEO VI IL CONTE VERDE

Amedeo VI conte di Savoia, detto il Conte Verde nacque a Chambery il 4 gennaio 1334. Figlio di Aimone, gli successe nel 1343 e fino al 1348 governò assistito da un consiglio di reggenza; nel 1355 sposò Bona di Borbone, figlia di Pietro I di Borbone e di Isabella di Valois, donna energica e capace, che resse lo stato durante la lunga serie di guerre che tennero il marito lontano dalla corte: impegnato dapprima a combattere i Turchi e i Bulgari (1366-67) in difesa del cugino Giovanni V Paleologo, imperatore d'Oriente, tornato in Italia si trovò a dover fronteggiare le mire espansionistiche dei Visconti. 
Nel 1371 Bernabò Visconti si impadronì di territori estensi che appartenevano, formalmente, alla Chiesa. Questo indusse papa Gregorio  XI a formare una lega cui aderirono anche l’imperatore Carlo IV e il Conte Verde, ostile al Visconti per le pretese avanzate sui marchesati di Saluzzo e del Monferrato e su Asti: Amedeo VI divenne il capitano generale della Lega per conto del pontefice, che si impegnò a fornirgli 600 lance e 10.000 fiorini d’oro.
Nel 1372 alla morte di Giovanni Paleologo, marchese del Monferrato, si aprì la spinosa questione della successione, cui aspiravano sia Amedeo di Savoia sia Visconti. A giugno l'esercito visconteo,  al comando di Francesco d'Este, Jacopo dal  Verme, Ambrogio Visconti, Ruggero Ranieri detto Cane, Ugolino da Saluzzo e John Hawkhood detto Giovanni Acuto, pose l'assedio ad Asti. 
Il Conte Verde, sostenuto dal Vescovo d’Asti Giovanni Malabaila, aveva provveduto a fortificare i luoghi più esposti dell’Astigiano; fiancheggiato dal Conte di Majorca, dal Conte di Ginevra e da Umberto e Oddone di Villars Amedeo VI venne in soccorso alla città e riuscì a liberare Asti dall'assedio, configgendo i viscontei dapprima sul fiume Tanaro e poi definitivamente sulla Versa.
Si narra che prima della battaglia Conte di Foix avesse donato al Conte Verde quattro levrieri: visto il successo conseguito, Amedeo VI decise che questi cani fossero stati di buon auspicio e che non dovessero più mancare alla sua corte.