sabato 8 aprile 2017

I Temi del Corteo storico 2017: San Pietro, San Paolo e Torretta


Dopo i primi tre temi presentati ieri, ovvero quelli di Montechiaro, San Secondo e San Silvestro, quest'oggi andiamo a scoprire cosa verrà rappresentato nel corteo storico del Palio 2017 da San Pietro, San Paolo e Torretta.

Tutti i temi, poi, verranno inseriti nell'apposita sezione della pagina del menù "Verso il Palio...2017", così da restare sempre consultabili e a portata di click in qualunque momento.


BORGO SAN PIETRO

Hec somnia. Esperienze oniriche nel medioevo


Per gli uomini del Medioevo i sogni, premonitori, rivelatori o istigatori, erano considerati preziose esperienze del soprannaturale, in costante contatto con la vita quotidiana: il mondo terreno era considerato il riverbero del mondo spirituale e il confine tra sogno e realtà era vago. I sogni erano manifestazioni del divino e visioni di esseri fantastici, apparizioni di santi e miracoli erano fenomeni piuttosto comuni.
Molteplici i sogni che poeti, scrittori e artisti inseriscono all'interno nelle loro opere, quale il sogno di Dante, che nel canto IX del Purgatorio viene trasportato da un’aquila dalle ali dorate fino alla sfera del fuoco.  Ma tutti sognano nella società medievale: uomini e donne, nobili e popolani, anche i bambini, che si credeva sorridessero nel sonno perché cullati dalla melodia delle sfere. Tuttavia la Chiesa metteva in guardia dai sogni fallaci, ritenendo l'esperienza onirica ambivalente e pericolosa; da una parte le visioni potevano avere una natura divina, dall'altra nascondere messaggi del demonio. Si veniva messi in guardia anche dagli incubi e dai succubi: i primi sottraevano energia, mentre i secondi erano ritenuti demoni donna di straordinaria bellezza, che miravano a sedurre gli uomini piegandoli alla loro volontà. La Chiesa considerava con sospetto gli oniromanti e condannava l'interpretazione dei sogni, opponendosi, con scarso successo, all'uso del libro della sorte, dell’almanacco dei sogni e del libro dei sogni.
Ma la fede nel potere dei sogni resta forte e diffusa, come dimostra la vicenda del milanese Gian Paolino Brivio, capitano di Asti (1425 – 1439), che venne guarito da una cancrena alla gamba dal santo martire Pietro da Verona apparsogli in sogno.
Il Borgo San Pietro affronta il tema del “somno et vigilia”, con i suoi simboli onirici, portatori di significati più grandi di quelli del quotidiano dell'uomo medievale.



RIONE SAN PAOLO

La “Danse de Macabre”: allegoria del rapporto tra uomo e morte

Pestilenze, guerre e carestie ponevano quotidianamente l'uomo medievale a confronto con la morte. Canti, composizioni poetiche, affreschi ed opere moraleggianti avevano per tema la brevità della vita e l'ineluttabilità del destino: uno dei motivi più celebri è la “Danse de Macabre”, la danza macabra, illustrata in innumerevoli affreschi dal XII al XV secolo in Italia ed Europa, presente anche nell'Astigiano con una testimonianza presso la Canonica di Vezzolano.
In questo genere di ciclo pittorico, uomini e donne di diversa estrazione sociale danzano metaforicamente con la Morte e talvolta scambiano con essa un dialogo amaro e rassegnato.
La stessa Chiesa, a più riprese, ha usato questa iconografia per ricordare ai fedeli la caducità della vita e la vanità delle cose terrene dinnanzi alla Morte.
I personaggi della “Danse macabre” si riconoscono dagli abiti: monaco, papa, imperatore, soldato, mercante, contadino o nullatenente, vengono presi per mano da morti avvolti in sudari e fatti ballare in una processione. Poco a poco, i membri della danza lasciano la fila e sono condotti via dalle nere figure, a simboleggiare la dipartita costante e progressiva di tutti gli uomini.
Il Rione San Paolo vuole rappresentare questa allegoria in bilico tra la vita e la morte. Il corteo si apre con i potenti, imperatori, papi, cardinali e nobili per poi procedere via via con dame e cavalieri, fino ad artigiani, contadine, poveri, ragazzi e bambini.
Le varie raffigurazioni della Morte, avvolte dai loro sudari, si aggirano invitando gli uomini a ballare mentre alcuni musicanti scheletrici accompagnano la Danza con i loro strumenti.
Alcune di queste raffigurazioni sono il perfetto contraltare del vivente di cui hanno preso il posto e ne indossano gli attributi mondani: corone per i re oppure strumenti di lavoro per gli artigiani.
Fanno da cornice alcune dame recanti un motto, che riassume così il senso della scena: “O tu che serve a Dio del bon core, non havire paura a questo ballo venire. Ma alegramente vene e non temire, poi chi nasce elli convien morire”.



BORGO TORRETTA

L’epoca d’oro dei mercanti

Nel Medioevo le associazioni mercantili astigiane, Societas mercandie e Societas Mercatorum de Ast tenevano le redini della città: i mercanti astigiani in patria esercitavano un'influenza determinante sulla vita politica, all'estero praticavano il commercio al minuto e intessevano relazioni d’affari con ministri, principi e con i sovrani in ogni parte d’Europa. Svolsero la loro attività in tutto il bacino del Mediterraneo, facendo del porto di Genova la loro base operativa. Qui giungevano dall'Oriente pietre preziose, seta, cotone, droghe, oppio, pepe, incenso, profumi, zucchero, zafferano, cannella, aloe, cassia, mirra, canfora, brasile indispensabile per tingere i panni, allume per fissarne il colore e anche qualche schiavo: le merci venivano poi vendute sulle piazze del nord Europa.
Gli Astigiani si occupavano del commercio delle materie prime e delle merci confezionate, di ciò che serve ad ornarsi e ad armarsi, a nutrirsi e a vestirsi, specialmente delle tele di canapa e dei panni di lana, che importavano grezzi ed esportavano a torselli, lavorati e tinti, triplicando i prezzi. In città erano numerosi gli artigiani, che possedevano telai a due licci, maestri nell’intrecciare, ordire e formare l’invergatura. Gli Statuti stabilivano che il podestà entro un mese dall'inizio dell'incarico dovesse eleggere quattro inquisitori (due fabbricanti e due mercanti) con il compito di investigare se i panni erano prodotti a regola d’arte, “sicut debent fieri”. I quattro inquisitori, nel formulare eventuali denunzie, dovevano essere concordi almeno in due: “duo ad minus insimul in concordia”.
Un’altra attività redditizia era costituita dal commercio del vino delle nostre colline. Più remunerativa era la vendita delle pellicce: nel vasto dominio astese erano ancora numerose le foreste e quindi non mancavano gli animali da pelliccia. Un decreto di Gian Galeazzo Visconti, conte di Virtù e signore di Asti, emesso il primo aprile 1386, lamentava che animali selvatici aggredissero le persone e assicurava 50 soldi a chiunque avesse presentato una pelle di lupo “cum omnibus quattuor pedibus” e 10 soldi per ogni pelle di volpe.