Dopo le prime nove presentazioni continua la carrellata sui temi del corteo storico del Palio 2017. Oggi andremo a scoprire cosa rappresenteranno in sfilata due Comuni, quelli di Canelli e Castell'Alfero, e un Borgo, vale a dire Viatosto.
Ricordiamo ancora che tutti i temi, dopo essere stati presentati, vengono inseriti nell'apposita sezione della pagina del menù "Verso il Palio...2017", così da restare sempre consultabili e a portata di click in qualunque momento.
COMUNE DI CANELLI
Vini e uve: pedaggi, tasse, leggi e privilegi
Gli Statuta Revarum Civitatis Ast, pervenuti nella versione del 1377, sono la raccolta degli ordinamenti che regolano nel Comune di Asti e nel suo distretto la riscossione di gabelle, dazi e pedaggi. Poche erano le città che ebbero ordinamenti fiscali così precisi, i quali permettevano una costante e cospicua entrata di denaro nelle casse comunali, anche se una parte spettava all'appaltatore ed ai vari signori che si susseguirono al governo della città.
Fin dall’epoca dei Liguri e dei Romani, il territorio di Asti è famoso per le sue uve ed i suoi vini. Il vino è merce primaria per il consumo e al dazio relativo sono dedicati vari capitoli negli Statuta, che regolano la vendita di vino al dettaglio, l'importazione di vino e uve, la vendita del vino all’ingrosso, la mescita. Giornalmente alle tre porte di Asti (San Pietro, San Quirico, Sant’Antonio) i gabellieri esigono il pedaggio sulle merci che entrano in città, sotto pena della loro confisca, compresi gli animali da soma, nel caso si eluda il pagamento. Godono di franchigia i religiosi, i frati e le monache dei Conventi di Sant’Agnese, Sant’Anastasio, Santo Spirito e Sant’Anna; durante la dominazione orleanese sono esenti anche il Duca, il Governatore ed i Castellani, ma solo per il consumo famigliare. Per portare l’uva in città, si pagano tre soldi a “carrata”, ovvero bigoncia da carro, sei denari ogni soma, due denari per cesta.
Nel capitolo del vino all’ingrosso si scopre che vige una legislazione particolare per vini e produttori cittadini: “…chiunque in Asti città, nei suoi borghi e sobborghi venderà vino, o lo regalerà o lo impresterà ad un cittadino astese pagherà per ogni sestaria (diciotto litri) di vino puro, o mischiato, tre soldi in moneta d’Asti. Se invece si farà ad un forestiero, oppure a chi non paga tributo al Comune, la tariffa sarà di sei denari….”. Vengono elencate condizioni che definiscono il “forestiero”; vengono però esclusi da questa categoria sacerdoti e poveri che abitano in città: essi “a ragione” vanno considerati cittadini di Asti. Analoga procedura di pagamento da parte dei mercanti avveniva, secondo la tradizione, anche per il vino inviato al duca d’Orleans, signore di Asti, ed alla corte francese di Luigi XII.
Interessante anche la citazione nel Codice relativa al vino tagliato o “loira” e all’uva “agresta” usata per le “salse asprigne”, condimento per le carni lesse.
Il corteo rievoca mercanti e popolani di Canelli che portano in città prodotti vitivinicoli e pagano ad una porta della cinta muraria gli importi dovuti nelle mani dei gabellieri e dell'appaltatore.
BORGO VIATOSTO
La simbologia all'interno della chiesa di Viatosto
L’interno della bella chiesa di Viatosto è ricco di decorazioni il cui significato spesso sfugge ai visitatori o ai fedeli, ma che riflettono il prestigioso Medioevo astese. Il Borgo Viatosto le ricostruisce in parte per il corteo storico, mantenendo l’effettiva disposizione degli emblemi presenti nelle tre navate.
Secondo la leggenda, grazie alla protezione della Vergine, Asti scampò alla terribile pestilenza del 1340: forse per motivi devozionali, di certo per ragioni di prestigio, numerosi sono gli emblemi e gli stemmi di importanti famiglie astigiane presenti all’interno della Chiesa di Viatosto. Essi rimandano all'aristocrazia locale, agli ordini religiosi, alle confraternite attive in città che con generosi donativi finanziarono la decorazione della chiesa.
Apre il corteo l'Agnello con un vessillo crociato avvolti da un cordone, simbolo cristologico e emblema della Corporazione dei Lanieri. Seguono due conchiglie e le insegne della Città di Asti.
È quindi la volta della croce ottagona dei Cavalieri Gerosolimitani e di una stella, forse simbolo di un altro ordine religioso. Due archi composti da foglie di quercia dividono idealmente l’area relativa all’altare dal resto dell’edificio sacro. Nei capitelli anteriori sono raffigurati il Sole e la Luna.
È poi la volta dello stemma della nobile casata degli Asinari. Grazie al generoso lascito di un suo membro, Emanuele, fu possibile l’ampliamento alle dimensioni attuali del tempio intorno alla metà del XIV secolo.
Segue l'insegna araldica della famiglia Roero: tre ruote d’oro che, secondo la leggenda, componevano il carro sul quale venne portato in trionfo il capostipite della famiglia dopo aver ucciso il comandante nemico durante la crociata che portò alla liberazione di Gerusalemme. È infine la volta dello stemma della casata dei Ricci.
Poco dopo l'entrata sono raffigurati due leoni e la spiga di grano, simbolo del Borgo. Sul portale sono rappresentati gli stemmi delle famiglie Scarampi e Layolo.
Chiude la sfilata la raffigurazione di una foglia di vite, presente della parte alta dell'esterno della chiesa, che rievoca la tradizionale coltivazione presente ancora oggi nelle colline circostanti.
COMUNE DI CASTELL'ALFERO
Il primo podestà di Asti – Guido Da Landriano 1190
Guido da Landriano, console e comandante dell’esercito della Lega, uomo di vasta esperienza militare, ebbe un ruolo decisivo nella lotta contro il Barbarossa. Podestà di Ferrara nel 1179, il 30 aprile 1183 giurò di mantenere salda la pace che stava per essere stipulata davanti ai messi imperiali, il vescovo di Asti e il marchese Enrico Guercio. Guido sarebbe quindi tornato alla vita civile: possedeva terre nel milanese e nella campagna di Torrevecchia e inoltre svolse il ruolo di amministratore dell'eredità di una vedova.
La sua carriera politica si chiuse nel 1190 con un ultimo, prestigioso incarico: fu il primo podestà di Asti, un ufficio per il quale venivano prescelti forestieri provenienti da città alleate; ad Asti lasciò un ricordo estremamente positivo tanto che, quasi un secolo dopo, il cronista Ogerio Alfieri lo ricordava come un uomo buono e onesto, che molto si era adoperato per il comune astigiano.
Guido da Landriano portò con sé ad Asti, oltre alla sua famiglia privata, anche una “famiglia pubblica”, ovvero un nucleo di collaboratori di sua fiducia, una specie di corte costituita da giudici, notai e uomini d'arme destinati a mantenere l'ordine pubblico.
Intorno agli anni della podesteria di Guido andò definendosi anche la villa di Castell'Alfero, precoce esempio di intervento insediativo del comune di Asti alla ricerca di un consolidamento del controllo territoriale lungo il corso del torrente Versa.