Foto di Francesco Sciutto - www.francescosciutto.com |
Continua oggi, e proseguirà per tutta la settimana, la presentazione, a gruppo di tre, dei ventuno temi del corteo storico del Palio 2019.
Tutti i temi, poi, verranno inseriti nell'apposita sezione della pagina del menù "Verso il Palio...2019", così da restare sempre consultabili e a portata di click in qualunque momento.
COMUNE DI MONTECHIARO
“Propter beneficia suspecta”. Per grazia ricevuta
A seguito dell’attracco a Messina nel 1347 di 12 galee genovesi provenienti dal porto di Caffa sul Mar Nero, tutta
l’Europa fu contagiata dalla terribile “peste nera”, che causò ingentissime perdite fra la popolazione, già provata da
difficoltà climatiche e carestie. A causa dei numerosi decessi di persone abili al lavoro, la crisi economica già in atto
si aggravò ulteriormente.
La scienza e la medicina poco o nulla potevano contro questo flagello, tanto più che molti medici ed anche i religiosi,
temendo di essere infettati, fuggivano abbandonando i malati.
Il solo modo di contenere l’epidemia era limitare i contatti e chiudersi entro le mura. Ed è probabile che questo
abbiano fatto i Montechiaresi per scampare al contagio, così come si può immaginare che, una volta scongiurato il
rischio di contagio, una nobildonna del luogo, per ringraziare per lo scampato pericolo abbia organizzato una
processione “propter beneficia suspecta” (“per grazia ricevuta”) in onore di San Secondo di Asti a cui la popolazione
era devota e che era titolare della chiesa campestre di San Secondo a Soglio nel territorio di Montechiaro, meta cui si
dirige la processione che il corteo ripropone, partendo dalla Pieve di Santa Maria di Piesenzana.
La devozione a San Secondo era espressione del legame tra la villanova di Montechiaro e il Comune di Asti, cui si
doveva la fondazione del villaggio (avvenuta il 19 marzo 1200), esito dell’unificazione delle tre comunità
preesistenti di Mairano Maresco e Piesenzana.
Nel corteo compaiono dapprima i fedeli ancora afflitti dalla pestilenza, i quali in seguito esprimono la gioia per
lo scampato pericolo con fiori, danze, esibizioni di tavole raffiguranti ex voto e orazioni in onore di San Secondo.
COMUNE DI NIZZA MONFERRATO
Il ciclo dei mesi
Il corteo giallo e rosso di Nizza rappresenta il ciclo dei mesi secondo la mentalità del Medioevo, un’epoca in cui il tempo era scandito dai ritmi ciclici della spiritualità e della natura e, accanto al cristianesimo, sopravviveva la memoria dei culti pagani. Il susseguirsi di riti sempre uguali a se stessi dava all’uomo medievale, alle prese con un’esistenza difficile e precaria, la rassicurante sensazione di un ciclo immutabile e perenne, simbolicamente rappresentato dalla ruota. Festività sacre come quella di San Secondo e ricorrenze profane, riti sacri e momenti di baldoria: la vita nei comuni come Asti scorreva con questi riferimenti temporali, come attestano le fonti storiche. In particolare il tema dei mesi è presente nell’iconografia sin dall’XI secolo e aveva il compito di nobilitare il lavoro, in linea con la nuova elaborazione teologica che interpretava la fatica non più come una maledizione divina seguita al peccato originale, ma come mezzo per la salvezza attraverso la laboriosità e le opere. Ed ecco che nel corteo si susseguono januarius, con lo scambio dei doni in ricordo dell’Epifania; februarius, con i rami delle piante potate e la festa della Candelora; martius, con la semina nei campi, il Carnevale e la Quaresima; aprilis, con la Pasqua e il trionfo dell’amor cortese; maius, in cui si celebrano la primavera e il Corpus Domini; iunius, il mese della raccolta del fieno e della Pentecoste; iulius, con la tosatura delle pecore e la mietitura del grano; augustus, con la trebbiatura e la caccia. E poi september, con la vendemmia, che nel territorio astigiano era particolarmente sentita; october, il mese della semina; november, con la raccolta delle ghiande e la festa di Ognissanti; december, con la caccia al cinghiale e la festa della Natività.
BORGO DON BOSCO
La presentazione dei Palii per la festa di San Secondo alla fine del Trecento
Per oltre sette secoli la corsa del Palio costituì l’elemento fondamentale e più caratterizzante della festa celebrata dagli astigiani in onore di San Secondo martire, concittadino e patrono. Il Comune prima e in seguito le Signorie che si avvicendarono al governo della Città e del suo antico Stato erano tenuti a sostenere il costo per la fornitura di tutti i materiali necessari all’evento, facendone peraltro un efficace strumento di autocelebrazione. Alla fine del Trecento la principale voce di spesa era costituita dal preziosissimo drappo assegnato come premio al vincitore della corsa: lungo ventiquattro palmi (circa sei metri), era in broccato dorato ricamato in oro, proveniente da Lucca o da Colonia. A partire dal 1368, in ottemperanza alle disposizioni emanate da Giovanni II Paleologo marchese di Monferrato, all’epoca signore della città, un altro drappo dello stesso tessuto ma di lunghezza inferiore (diciotto palmi, cioè quattro metri e mezzo) veniva offerto in dono alla Collegiata di San Secondo. Entrambi i drappi erano poi decorati con scudi di stoffa dipinta, recanti gli stemmi della Signoria, del Podestà e del Comune. Il sabato precedente la Festa del Santo e la Corsa, che all’epoca si svolgeva il primo giovedì dopo l’ottava di Pasqua, i due palii venivano trasferiti in solenne corteggio dal palazzo del Governatore alla piazza del Santo, dove erano presentati al popolo assieme alle altre “forniture e dipendenze” necessarie alla celebrazione dell’evento. Esse comprendevano: due lance lunghe dipinte, dotate ognuna di “uno baculo cum botonis”, cioè di una bacchetta con pomelli alle estremità, sulla quale venivano fissati e trasportati i palii durante le celebrazioni; quattro rasi e mezzo (circa tre metri) di cordone rosso e argento munito di nappe (porracis) per la decorazione dei palii inastati; quattro paia di guanti bianchi per i due trombettieri ed i due vessilliferi incaricati di scortare e trasportare i palii; un gallo vivo, che fino al XVI secolo inoltrato costituiva l’unico altro premio per la Corsa, assegnato al secondo classificato come simbolo beneaugurante di riscossa e di speranza; un rotolo di corda, oggi chiamata “cànapo”, per ordinare i cavalli alla partenza. Tre estimatori comunali, allora come oggi, si accertavano della bontà e qualità dei materiali, dopo di che i drappi, parzialmente arrotolati e montati sulle rispettive lance, venivano esposti alle finestre del palazzo del Comune dando ufficialmente l’avvio ai cinque giorni di festeggiamenti culminanti con la Corsa del Palio.
Per oltre sette secoli la corsa del Palio costituì l’elemento fondamentale e più caratterizzante della festa celebrata dagli astigiani in onore di San Secondo martire, concittadino e patrono. Il Comune prima e in seguito le Signorie che si avvicendarono al governo della Città e del suo antico Stato erano tenuti a sostenere il costo per la fornitura di tutti i materiali necessari all’evento, facendone peraltro un efficace strumento di autocelebrazione. Alla fine del Trecento la principale voce di spesa era costituita dal preziosissimo drappo assegnato come premio al vincitore della corsa: lungo ventiquattro palmi (circa sei metri), era in broccato dorato ricamato in oro, proveniente da Lucca o da Colonia. A partire dal 1368, in ottemperanza alle disposizioni emanate da Giovanni II Paleologo marchese di Monferrato, all’epoca signore della città, un altro drappo dello stesso tessuto ma di lunghezza inferiore (diciotto palmi, cioè quattro metri e mezzo) veniva offerto in dono alla Collegiata di San Secondo. Entrambi i drappi erano poi decorati con scudi di stoffa dipinta, recanti gli stemmi della Signoria, del Podestà e del Comune. Il sabato precedente la Festa del Santo e la Corsa, che all’epoca si svolgeva il primo giovedì dopo l’ottava di Pasqua, i due palii venivano trasferiti in solenne corteggio dal palazzo del Governatore alla piazza del Santo, dove erano presentati al popolo assieme alle altre “forniture e dipendenze” necessarie alla celebrazione dell’evento. Esse comprendevano: due lance lunghe dipinte, dotate ognuna di “uno baculo cum botonis”, cioè di una bacchetta con pomelli alle estremità, sulla quale venivano fissati e trasportati i palii durante le celebrazioni; quattro rasi e mezzo (circa tre metri) di cordone rosso e argento munito di nappe (porracis) per la decorazione dei palii inastati; quattro paia di guanti bianchi per i due trombettieri ed i due vessilliferi incaricati di scortare e trasportare i palii; un gallo vivo, che fino al XVI secolo inoltrato costituiva l’unico altro premio per la Corsa, assegnato al secondo classificato come simbolo beneaugurante di riscossa e di speranza; un rotolo di corda, oggi chiamata “cànapo”, per ordinare i cavalli alla partenza. Tre estimatori comunali, allora come oggi, si accertavano della bontà e qualità dei materiali, dopo di che i drappi, parzialmente arrotolati e montati sulle rispettive lance, venivano esposti alle finestre del palazzo del Comune dando ufficialmente l’avvio ai cinque giorni di festeggiamenti culminanti con la Corsa del Palio.