sabato 30 aprile 2011

Alcune precisazioni di Gianluigi Bera, storico del Palio, sul nostro articolo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:


Riguardo all'articolo "Di bontà e qualità solita", noto alcune imprecisioni.
Innanzitutto è decisamente fuori luogo il collegamento alla Cavalleria intesa come Ordine sociale, etico e spirituale; il Palio, che pure ne adotta alcuni segni esteriori, è quanto di più anti-cavalleresco abbia prodotto la civiltà comunale italiana.
Per questo motivo è clamorosamente posticcia ed antistorica la cerimonia del "giuramento dei rettori" che si celebra da pochi anni a questa parte. Soprattutto nella parte che tenta ingenuamente di riprodurre l'addobbamento del cavaliere, decisamente incongrua per funzionari eletti la cui investitura non deriva da altri se non dai rispettivi Popoli che conferiscono loro il carisma dell'Autorità rappresentativa.
Mi preme inoltre rimarcare che il "drappo" del Palio è ben altra cosa rispetto al "sendallo"; il primo, lungo sedici rasi, è di velluto "della qualità e bontà solite" ed è il vero Premio materiale della Corsa. Il secondo, di tela dipinta, serve soltanto da sostegno, ma ha il compito importantissimo di proclamare in immagini e in segni l'essenza stessa della Festa. L'uso del Sendallo e del suo linguaggio iconografico si è affermato definitivamente dalla seconda metà del Quattrocento.
Ah, i Funzionari della Stima è meglio chiamarli "Estimatori" secondo l'uso astigiano, e non "Stimatori" come scritto nell'articolo.



Gianluigi Bera