sabato 29 maggio 2021

Caro Palio, ti (ri)scrivo

Foto di Vittorio Ubertone

Caro Palio, ti scrivo.

O per meglio dire, caro Palio, ti riscrivo.

Quanto tempo è passato dall’ultima volta che lo feci. Era il mese di maggio del 2017. Ne è passato di tempo. Sono successe tante, tantissime cose. E tante altre sono cambiate. Per te e per noi. Pensa, caro Palio, che addirittura da più di un anno di te scrivo pochissimo. No, non ti ho dimenticato, non sei passato in secondo piano. Sei sempre stato nei miei pensieri ma, purtroppo, il mondo si è fermato di fronte a una pandemia che tanto male ha fatto a troppe persone. 

Caro Palio, mi conosci, e sai che sarei ipocrita a dire che non ho più scritto di te perché ritenevo ci fossero cose più importanti a cui pensare. Certo, c’erano e ci sono. Ma pensare a un qualcosa di bello e speciale come te avrebbe comunque fatto bene a tutti. Non ho più parlato di te perché su di te, purtroppo, non c’è più stato molto da raccontare. Nel 2020 non abbiamo potuto sognarti, desiderarti. Abbiamo ammirato il Drappo che avremmo voluto poter conquistare ma, col passare delle settimane, abbiamo capito che quel Drappo nessuno di noi lo avrebbe stretto tra le mani. Certo, ci abbiamo sperato fino all’ultimo. Abbiamo continuato a riunirci con i nostri Comitati, a distanza. Abbiamo, quando le norme lo hanno consentito, ripreso alcune delle nostre attività. Non abbiamo perso la passione verso di te, l’abbiamo solo dovuta sopire. 

Vedi, caro Palio, la stessa sorte è toccata anche ai tuoi fratelli delle altre città e le nostre sensazioni sono state le stesse vissute da tutti gli altri amici paliofili.

Abbiamo pensato che tornare a correrti nel nuovo anno sarebbe stato normale e, invece, all’improvviso, tutto è tornato ad essere in discussione. Ma neanche stavolta abbiamo smesso di pensarti. Non abbiamo mai perso la speranza. E sai, caro Palio, a quanto pare abbiamo fatto bene.

Una settimana fa, caro Palio, è arrivato l’annuncio che tanto abbiamo aspettato. Si corre. Il 5 settembre tocca a te andare in scena. Non sai quali e quante sensazioni abbiamo provato in quel momento. Io mica so spiegartelo a parole. Era una serata triste, troppo triste. I nostri pensieri erano tutti rivolti verso Siena, verso Piazza del Campo. Eh si, caro Palio. In quella serata uno dei tuoi più grandi protagonisti salutava per l’ultima volta quella Piazza. Pensa, caro Palio, che quella sera, nel vortice di quelle emozioni così contrastanti, neanche ho scritto di te. 

Il giorno dopo, però, caro Palio, ho fatto un grosso sbaglio. La curiosità mi ha giocato uno scherzetto e così, anche se già da tempo mi ero ripromesso di non farlo più, ho preso il o smartphone, ho schiacciato sull’icona blu con la effe bianca e sono andato a cercare le reazioni della città, della tua città. Mi sono illuso. Ho sperato che stavolta nessuno ti avrebbe attaccato. Che tutta la città, la tua città, avrebbe accolto con gioia la notizia che il 5 settembre la normalità sarebbe tornata protagonista. Sì, forse ho esagerato. Hai ragione. Nulla può rendere tutti concordi. Ognuno, giustamente, ha le proprie idee. Però dai, caro Palio, io il confronto lo accetterei anche volentieri. Non vedrei l’ora di mettere sul tavolo i miei pensieri, le mie idee e, soprattutto, alcuni dati di fatto. Ma sai, caro Palio, qui siamo ancora alle stesse frasi che si sentono e risentono da anni. Non ci potrai credere nemmeno tu, lo so. Ma ti assicuro che è così. Nella tua città, chi ti denigra, non spiega mai perché lo fa. Ti attacca, forse per il gusto di farlo. O, forse, per colpire di riflesso altro o altri. Siamo nel 2021 e nella tua città qualcuno si chiede “perché il Palio si e le Sagre no?”. Ci sono quelli che ne fanno un discorso di priorità. Ci sono quelli che… Va beh, caro Palio, non ti sto a fare l’elenco completo. Mi sale il nervoso solo a pensare a certe frasi, così banali e ripetitive. Tante le stesse cose su di te le si sentono sempre. Però te l’ho detto qualche riga più su, stavolta mi ero illuso. Pensavo che almeno di fronte ai comunicati stampa, agli articoli dei giornali, alle dichiarazioni dei protagonisti, tutti avessero capito che chi cura la tua organizzazione non è lo stesso che cura quella del Festival delle Sagre. Pensavo che, magari, in tutto questo tempo quelli che sottolineano come tu non sia una priorità avessero trovato l’occasione di scambiare quattro chiacchiere con un ristoratore, con un barista, con un proprietario di un servizio di catering, con un albergatore della zona. Lo sappiamo bene, caro Palio, nessuna di queste persone, che sono proprio tra le più colpite da questa maledetta pandemia, avrebbe visto in te l’ancora di salvezza. Perché tu non sei la priorità. Non hai mai pensato di esserlo. Nessuno di noi dice che tu lo sia. Soprattutto oggi. Ma tra quelle persone, tra quei lavoratori, qualcuno, tanti, secondo me, grazie a te potranno vivere una bella settimana. Perché, caro Palio, tu lo sai quante persone fanno parte del tuo mondo. Quante per te arrivano da tante parti d’Italia. Per guardarti, per lavoro, per amicizia verso le persone dei tuoi Borghi, Rioni e Comuni. Per tanti motivi. Quando arriva la tua settimana questa città si anima. Perché, caro Palio, chi arriva dalle altre città come ben sai mangia qui, dorme qui, gira nei nostri bar. Per vivere te vive la nostra città. E poi ci siamo noi che, insomma, qualche evento in quei giorni lo organizziamo. Spesso grazie a preziose collaborazioni con ristoranti, catering, bar e attività locali.

Sì, caro Palio, mi ero illuso. Avevo pensato, stupidamente, che ogni cittadino astigiano stavolta ti avrebbe accolto con gioia. Non per rispetto verso di te, verso la tua storia. Per questo, ahimè, ho perso le speranze. Ho sperato, però, che quel triste “e perché le Sagre no?” potesse essere un “dai, almeno il Palio si farà”. Ho sperato, caro Palio, che per una volta si sarebbe potuto guardare un po’ più in là. Che non si pensasse, almeno per quest’anno, che verrai disputato solo per far contenti noi quattro esaltati (sì, caro Palio, qui qualcuno ci chiama così) ma che si potesse quantomeno provare a pensare che la tua disputa potrà essere un traino verso un nuovo inizio per tutta la città. Verso una ripartenza di tutti. 

Ho sperato, caro Palio, che il cittadino medio da social network dopo mesi e mesi di pubblicazioni di post a favore di quelle categorie di cui ti parlavo prima, potesse pensare che tu farai bene anche a loro. Solo per qualche giorno eh. Ma farai bene. 

Forse, caro Palio, ho preteso troppo. Mi sono illuso, appunto. E alla fine, come dice quella stessa canzone che ti citai nella lettera di quattro anni fa “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, tu pensa a chi non sente e poi ne vuol parlare”. Però, caro Palio, c’è un però. C’è che sono stufo. Sono stufo della mancanza di rispetto che troppe persone hanno verso di te. Verso di me. Verso di noi. Eh si, caro Palio, perché c’è una cosa che nella prima parte di questa lettera non ti ho scritto.

Ti raccontavo di come le nostre attività fossero proseguite, nel rispetto delle regole, mosse dalla passione che abbiamo per te. Non ti ho raccontato, però, che a muoverci in quei mesi così difficili era stato anche l’amore per la nostra città. È passato ormai più di un anno da quando, caro Palio, noi, sì noi quattro esaltati, abbiamo raccolto con entusiasmo e, appunto, amore per la nostra città la richiesta di metterci al servizio di questa stessa città e dei suoi cittadini. Ci siamo trasformati in un piccolo esercito, al servizio della tua città. E l’abbiamo servita. Con il sorriso, nascosto dalle mascherine. Caro Palio, non sai quanti ringraziamenti da quei balconi. Non sai, non puoi sapere, quant’era stato bello sentirci finalmente ben voluti dalla nostra città, da tutti i nostri concittadini. Non sai che bella quella sensazione di essere, finalmente, per una volta, un tutt’uno con la città. E no, caro Palio, non sto rinfacciando. Non sto facendo nessuno dei pensieri che qualcuno farà leggendo queste parole. Sono fiero di quanto fatto in quei giorni. Siamo fieri di averlo fatto. E non lo abbiamo fatto, credimi caro Palio, per sentirci dire grazie o per crearci un credito verso chi non ci ha mai amato. 

Però un minimo di rispetto, caro Palio, pensavo che noi quattro esaltati ce lo fossimo guadagnato. 

E allora sai cosa ti dico, caro Palio?

Che se proprio i pensieri che ti ho illustrato prima non si riescono a fare, non importa. Li faremo noi e chi vorrà ascoltarti li ascolterà.

Che se qualche “astigiano” continuerà a essere infastidito da una Piazza chiusa per qualche giorno, potrà sempre farsi la vacanza al mare tra l’ultima settimana di agosto e la prima di settembre.

Che se qualcuno ancora non ha capito che tu non sei il giochino di quattro esaltati, ma sei una preziosa risorsa storica e sociale per tutta la città, peggio per chi non lo vuol capire. Quel giorno, in fondo, si può sempre andare a fare una bella passeggiata nella vicina Alba.

Tanto, caro Palio, noi non ce ne andiamo. Noi non smetteremo di pensarti, di sognarti, di costruirti giorno dopo giorno per 364 giorni all’anno. Tutti gli anni, per far sì che tu ogni anno possa essere più bello di com’eri l’anno prima. Così che ogni anno, chi si avvicinerà a te, anche solo di sfuggita, anche solo per caso, possa innamorarsi perdutamente di te. 

Lo faremo anche quest’anno, caro Palio. Anzi lo faremo nei pochi mesi che ci separano da te. Lavoreremo per renderti splendido, anche nelle limitazioni che avrai ed avremo. E che, come sempre, rispetteremo. Lo faremo. Lo faremo tutti quanti mossi da una ferma convinzione. Quella che una città di Palio è una città più bella. E vedrai, caro Palio, quanto sarà bella la tua città il prossimo 5 settembre.