Rione San Paolo: "Tra sesso e castità: la difficile regolamentazione del meretricio nel libero Comune di Asti"


La prostituzione, seppur vista come un’attività riprovevole, era considerata nel medioevo un male necessario, per distogliere l’uomo da vizi più turpi come la sodomia o la masturbazione.
Per governare il fenomeno, il Comune di Asti istituì nel 1469 il pubblico postribolo, trasformando alcune case della “Rotae Messine” in un vero e proprio quartiere a luci rosse. La scelta, però, incontrò le ferma opposizione dell’Ordine degli Agostiniani, che avevano il proprio convento nelle vicinanze. A nulla valsero le proteste, e per molto tempo le prostitute e i loro clienti vissero a stretto contatto con i monaci.
Il rione San Paolo vuole rappresentare alcuni aspetti di questa situazione paradossale, in bilico tra gli slanci della fede della religiosità medievale e le tentazioni delle pulsioni terrene.
Da una parte alcune meretrici pregano l’intercessione a Santa Maria Maddalena, nella tradizione popolare anch’essa prostituta convertita, nel convento di Santa Maria delle Grazie: chiedono la guarigione di una di esse afflitta da quello che verrà chiamato il “mal francese”. Le condizioni igieniche infatti erano scarse e la diffusione della malattie veneree elevata.
Dall’altra, il priore del convento degli Agostiniani discute animatamente con il podestà delle prostitute, chiamato anche il “Re dei Ribaldi”, referente e interlocutore del mondo del vizio con le istituzioni. Come è facilmente intuibile, la presenza di un bordello crea non pochi problemi all’attività monastica, e distoglie molti frati, soprattutto i novizi più giovani, dall’osservanza degli obblighi della vita conventuale.