Comune di Montechiaro: "De arte venandi cum avibus"


Il trattato De arte venandi cum avibus, relativo alla caccia praticata con l'ausilio di uccelli rapaci, opera di Federico II di Svevia antecedente al 1248, è una delle opere più significative del Medioevo, testimonianza sia della passione totalizzante che egli nutrì per l'ars della caccia con i rapaci, elevata a filosofia di vita sia della sua profonda cultura naturalistica concepita nel rispetto del rapace.
Esperto e grande conoscitore dei questa nobile arte fu anche Carlo di Valois-Orléans (1394-1465) figlio di  Luigi di Valois-Orléans e di Valentina Visconti. Divenne duca d'Orléans dal 1407 e erede al trono di Asti – in  seguito all'assassinio del padre – sul quale fece un timido tentativo di far valere il proprio diritto successorio, prima di dedicarsi al ruolo di mecenate delle arti, tra cui la caccia.
Le cacce dei re rappresentavano occasioni per manifestare la magnificenza degli apparati delle corti, grazie alle lussuose escursioni nelle grandi riserve popolate di selvaggina e a esibizioni – in presenza di ospiti di alto rango – di superbe mute di cani, di sapienti capicaccia, di cacciatori provetti.
Falchi, cani, falconieri sono come diretti da un grande regista, l'imperatore Federico II, esperto conoscitore dei segreti dell'ars venandi, così come dell'arte di governare gli stati e i popoli. La morte prematura dell’Imperatore interruppe la stesura del trattato: lo trovò incompiuto il figlio Manfredi, che a sua volta intervenne sul  testo lasciandoci la straordinaria testimonianza di un codice miniato tra i più noti e amati del nostro Medioevo. Donato infine nel 1622 dal duca Massimiliano di Baviera a papa Gregorio XV è attualmente conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana.